Trattamento chirurgico dell’instabilità di spalla

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L'instabilità della spalla è una condizione cronica che causa frequenti dislocazioni dell'articolazione della spalla. Una dislocazione si verifica quando la parte prossimale dell'omero (la testa omerale) si disloca parzialmente o completamente dalla glenoide (la superficie della scapola che si articola con l’omero) della spalla. Una dislocazione parziale viene definita sublussazione della spalla, mentre una separazione completa viene definita lussazione della spalla. I sintomi comuni dell'instabilità della spalla includono il dolore durante alcuni movimenti; la deformità visibile e la perdita della funzione della spalla che si verificano dopo la lussazione possono comportare, a causa della compressione su nervi e vasi sanguigni, cambiamenti di sensibilità come intorpidimento o addirittura parziale paralisi

I fattori di rischio che aumentano le possibilità di sviluppare l'instabilità recidivante della spalla includono:

  • Giovane età
  • Sport da contatto o con movimenti della spalla ripetuti e ai gradi estremi della sua articolarità come il rugby, il nuoto, la pallavolo o il sollevamento pesi
  • Patolassità della spalla
  • Lesioni ossee a carico della testa omerale e della glena

TRATTAMENTO CHIRURGICO IN ARTROSCOPIA

Quando le opzioni di trattamento conservativo non riescono ad alleviare la sintomatologia e la sensazione di instabilità della spalla, il chirurgo può optare per l’intervento chirurgico di stabilizzazione della spalla. La chirurgia di stabilizzazione della spalla viene eseguita per migliorare la stabilità e la funzionalità dell'articolazione e per prevenire future dislocazioni. Può essere eseguito mediante tecnica artroscopica o, a seconda delle situazioni “paziente specifica”, con un’incisione di qualche centimetro.

L'artroscopia è una procedura chirurgica in cui un artroscopio, un piccolo tubo flessibile con una telecamera ad alta risoluzione, viene inserito nell'articolazione per valutare e nel contempo trattare la lesione determinata dalla lussazione nota come “lesione di Bankart”, si tratta di reinserire il tessuto legamentoso al tessuto osseo tramite delle ancorine, così da ricostruire l’amaca inferiore che garantisce la stabilità. I vantaggi dell'artroscopia rispetto alla chirurgia alternativa della spalla aperta sono le incisioni più piccole, un trauma minimo dei tessuti molli e la possibilità di poter ricorrere alla tecnica a cielo aperto qualora il paziente, in seguito a un nuovo trauma, dovesse avere episodi successivi di lussazione della spalla.

LA RIABILITAZIONE A SEGUITO DI INTERVENTO IN ARTROSCOPIA

 Durante ogni fase del processo riabilitativo a seguito di un intervento in artroscopia di Bankart, viene eseguita una progressione personalizzata per il paziente; tuttavia, per gli obbiettivi di questo capitolo e anche per la diffusione in molteplici cliniche e ricerche scientifiche, verrà delineata una presentazione basata su un protocollo base, utilizzando dei passaggi riabilitativi di fondamentale

importanza. La conoscenza e la stretta comunicazione riguardo le specifiche procedure chirurgiche eseguite tra il chirurgo ortopedico e il fisioterapista sono di fondamentale importanza. Ciò permette sia una comprensione completa delle strutture anatomiche coinvolte nell’intervento sia la conoscenza riguardo ad altre procedure chirurgiche concomitanti effettuate. Tra queste vanno sottolineate: riparazione del cercine superiore-anteriore-posteriore (SLAP), acromionplastica, escissione clavicolare distale, cruentazione della cuffia dei rotatori, e/o riparazione, plicatura capsulare, tenodesi del bicipite, o tenotomia.

Obiettivi della riabilitazione a seguito di intervento in artroscopia di Bankart

L’intervento chirurgico di una lesione di Bankart unito ad intervento concomitante plicatura capsulare, dà luogo a numerose sfide per lo specialista della riabilitazione.

Fase iniziale riabilitativa (settimane 2-4): I pazienti vengono inizialmente immobilizzati in un tutore per le prime 4-6 settimane a seguito dell’intervento chirurgico e sono spesso educati ad eseguire esercizi attivi assistiti come il pendolo di Codman e a mantenere la mobilità a livello del gomito. L’uso del tutore con un supporto in abduzione è di uso comune per ottenere una posizione più ottimale dell’arto sul piano scapolare a circa 30° di abduzione. I pazienti sono solitamente indirizzati al fisioterapista tra il 10° giorno e le 2 settimane post-chirurgiche per iniziare il loro processo riabilitativo.

A seguito della valutazione iniziale, così come citato precedentemente in questo capitolo, il paziente inizia la riabilitazione con l’obbiettivo primario delle seguenti attività specifiche.

L’uso della terapia fisica per incrementare la circolazione sanguigna locale e ridurre il dolore post-chirurgico è indicato e applicato in numerosi protocolli riabilitativi. L’uso della stimolazione elettrica e del caldo umido per preparare l’articolazione e i tessuti molli è consigliato da diversi autori sia per la successiva mobilizzazione articolare sia per il lavoro di attivazione muscolare.

Pur non essendo un obbiettivo importante, la terapia fisica può essere utilizzata per migliorare il comfort del paziente e l’estensibilità dei tessuti molli.

Progressioni del range di movimento: un ROM iniziale protetto è una delle regole specifiche seguite durante il periodo iniziale, 4-6 settimane, dopo l’intervento.

Precisamente, la progressione del ROM protetto include la limitazione in rotazione esterna per minimizzare tensioni sulla porzione anteroinferiore del cercine, riparato durante la ricostruzione di Bankart, così da minimizzare il carico in trazione e lo stress sulla capsula antero-inferiore, in modo specifico sul legamento gleno-omerale inferiore, che viene spesso sottoposto a plicatura durante la ricostruzione chirurgica per accrescere la stabilità della riparazione.

Generalmente, vi sono poche o nessuna restrizione riguardo la flessione anteriore e abduzione sul piano scapolare così come nella rotazione interna. La ricerca suggerisce l’esecuzione di rotazione esterna in posizione di abduzione che limita, in modo specifico, lo stress sulla capsula articolare antero-inferiore e sul cercine.
Oltre all’effettivo grado di movimento di rotazione esterna usato nella fase iniziale della riabilitazione, è altresì importante la posizione di abduzione usata durante il ROM in rotazione esterna, come viene citato dalla ricerca scientifica e dalla letteratura. Entrambi, Pagnani e al. e O’Brien e al., hanno eseguito con eloquenza ricerche scientifiche di base che identificano quali porzioni della capsula anteriore gleno-omerale siano sotto tensione nella posizione di abduzione gleno-omerale. Durante i 90° di abduzione, questi studi hanno identificato il legamento gleno-omerale inferiore come freno primario alla traslazione anteriore. Quest’ultima va a stressare in modo diretto la capsula nello stesso punto dove è avvenuta la riparazione di Bankart.

La rotazione esterna nei primi 30° di abduzione al fianco del paziente attribuisce un carico di trazione più specifico vicino al legamento gleno-omerale superiore e alle strutture capsulari superiori. I precedenti studi scientifici forniscono la maggior parte delle informazioni specifiche valide per la riabilitazione del paziente a seguito di intervento di ricostruzione di Bankart. Black e al. hanno studiato la tensione capsulare nella riparazione di Bankart sui cadaveri a 0° di abduzione sul piano coronale. Essi hanno identificato una “zona di bassa tensione” che si verifica nei primi 46.5° di rotazione esterna in questa posizione. Dopo 45° di rotazione esterna, i ricercatori hanno riscontrato un significativo aumento della tensione sulla capsula anteriore.

Inoltre, una ricerca condotta da Penna et al. supporta ulteriormente la limitazione della rotazione esterna dopo una ricostruzione di Bankart. La loro ricerca ha provveduto a fornire conoscenze addizionali testando molteplici posizioni di abduzione sui cadaveri, così come in seguito a ricostruzione di Bankart con e senza plicatura capsulare. Nello specifico, lo stress sul complesso capsulo-legamentoso antero-inferiore prodotto dalla rotazione esterna era significativamente differente a seguito di intervento di riparazione di Bankart versus una riparazione di Bankart in associazione a plicatura capsulare.

Inoltre, il confronto dei risultati tra una riparazione di Bankart e una riparazione di Bankart con plicatura capsulare mostra differenze significative nelle posizioni di rotazione esterna e abduzione (4.6 versus 17.7). Quindi, conoscere se sia stato effettuato una plicatura della capsula gioca un ruolo importante sullo stress anatomico applicato durante l’abduzione e l’abduzione e rotazione esterna a seguito dell’intervento chirurgico.

Il recupero della rotazione esterna, dopo l’intervento chirurgico, segue un pattern di progressione che inizia con circa 30-45° di abduzione con l’omero sul piano scapolare durante le prime 2-6 settimane post-chirurgiche, fino al raggiungimento di 90° di abduzione dopo le 6-8 settimane, in base allo stato di mobilità del paziente. Lo studio scientifico eseguito da Penna e al. supporta oggettivamente questa graduale progressione di recupero della rotazione esterna, poichè i valori generati che dimostrano lo stress capsulo-legamentoso antero-inferiore in una riparazione di Bankart con plicatura capsulare migliorano da 5.3 N senza abduzione a 17.7 N con abduzione.

Questi studi scientifici aiutano l’equipe medico- riabilitativa a comprendere le conseguenze della procedura chirurgica con un ROM limitato in rotazione esterna e forniscono un recupero della rotazione esterna sicuro in pazienti con instabilità anteriore. Avvalersi di questo range iniziale di rotazione esterna permette al paziente di eseguire ROM funzionali senza mettere a repentaglio la riparazione del cercine, senza esporlo quindi ad un maggiore carico di trazione.

L’uso di una mobilizzazione accessoria dell’articolazione durante la prima fase della riabilitazione, consiste in oscillazioni di grado I per modulare il dolore, evitando in particolare le mobilizzazioni accessorie in direzione anteriore per proteggere la riparazione capsulo-legamentosa. Le altre direzioni di mobilizzazione articolare possono essere proposte progressivamente (es. glide posteriore, glide caudale) se il paziente presenta un ROM significativamente limitato in seguito all’immobilizzazione post-chirurgica. Solitamente, vengono effettuate solo mobilizzazioni di gradi minori, a meno che il paziente abbia sviluppato una significativa ipomobilità capsulare. Un concetto importante che bisogna enfatizzare durante la fase iniziale di riabilitazione della spalla originariamente instabile, sottoposta ad intervento artroscopico di Bankart, è la distinzione tra range di movimento e stretching.

In questa fase iniziale, molti pazienti necessitano solamente di mobilizzazioni della spalla (range of motion), senza una sovrapressione aggressiva alla fine del range per proteggere il tessuto capsulare e il cercine ricostruito.

Non viene necessariamente effettuato uno stretching iniziale, a meno che il paziente non presenti una significativa limitazione del range articolare. Un attento monitoraggio oggettivo del range di movimento dell’articolazione gleno-omerale, con il confronto dell’arto controlaterale, garantisce di controllare che la riabilitazione post-chirurgica stia ripristinando un ROM soddisfacente e la tensione capsulare e non stia invece ricreando una condizione ipermobile.

Stabilizzazione scapolare e iniziale attivazione della cuffia dei rotatori: nella fase iniziale della riabilitazione, possono essere usati specifici metodi per attivare la muscolatura che stabilizza l’articolazione gleno-omerale e l’articolazione scapolare.

Ciò si verifica attraverso programmi di rinforzo muscolare controllati, con carico minimo e con un alto numero di ripetizioni per migliorare la resistenza muscolare locale.

Inizialmente vengono suggerite tecniche manuali per far interfacciare direttamente il terapista con la scapola del paziente, per evitare l’attivazione dell’articolazione gleno-omerale e consentire di ripetere l’esercizio scapolare senza un eccessivo stress, in questa fase, della cuffia dei rotatori.

L’attivazione della coppia di forza dentato anteriore e trapezio inferiore è imperativa per permettere la rotazione verso l’alto della scapola e la stabilizzazione durante l’elevazione del braccio. Può essere indicato iniziare una stabilizzazione ritmica manuale sulla parte prossimale del braccio, progredendo verso la parte distale, con l’arto elevato a 80°-90° sul piano scapolare, per stabilire una co-contrazione muscolare in posizione funzionale. Inoltre, con questa tecnica, può essere utilizzata una posizione di protrazione scapolare per migliorare l’attivazione del dentato anteriore, poiché ricerche scientifiche hanno identificato una riduzione di attivazione muscolare di questo muscolo in pazienti con instabilità gleno-omerale.

Kibler et al. hanno pubblicato diversi esercizi chiave che ingaggiano il dentato anteriore e trapezio inferiore e che possono essere usati durante le fasi iniziali della riabilitazione per i gradi minori di elevazione e rotazione esterna che li caratterizzano. Ciò riduce l’impingement subacromiale e lo stress capsulo- legamentoso e rende gli esercizi ben tollerati dai pazienti nella riabilitazione iniziale.

Gli esercizi specifici detti robbery e lawnmower sono stati dettagliatamente convalidati da esami elettromiografici condotti da Kibler et al. e da Tsurike e Ellenbecker. Il “lawnmower” può anche essere eseguito con il braccio del paziente nel tutore, per iniziare un esercizio di stabilizzazione scapolare applicando uno stress minimo sulla struttura capsulolegamentosa.

Il “serratus punch” eseguito in posizione supina viene inoltre utilizzato ed è stato dimostrato che questo esercizio fornisce il 60% o più del livello di MVIC (Contrazione Isometrica Massima Volontaria) nella muscolatura del dentato anteriore.

Secondo Davies, un’iniziale recupero della cuffia dei rotatori ha spesso inizio con esercizi isometrici seguiti da esercizi isotonici e successivamente da esercizi più funzionali come quelli pliometrici e di resistenza isocinetica. Ciò consente una maggiore sfida e specificità nella progressione degli esercizi di rinforzo.

Questa progressione è particolarmente adoperata nella riabilitazione post-chirurgica a seguito di un intervento in artroscopia di Bankart.

Uno studio scientifico evidenza l’importanza della esecuzione di esercizi submassimali nelle fasi iniziali della riabilitazione, per l’aumento del flusso sanguigno generato. Jensen e al. hanno studiato gli effetti delle contrazioni submassimali (5-50% del MVIC) nel tendine del sovraspinato attraverso la flussimetria con laser Doppler. I risultati hanno dimostrato che le contrazioni submassimali aumentano il flusso sanguigno in tutte le contrazioni che durano 1-minuto ma che viene prodotta una post-contrazione iperemica latente a seguito di una contrazione muscolare.

Questi risultati hanno fornito un fondamento logico per l’uso iniziale di contrazioni isometriche o resistenza manuale submassimale su piano scapolare, eseguite con pochi gradi di elevazione per prevenire qualsiasi contatto subacromiale e stress capsulare durante le iniziali fasi riabilitative. L’uso della resistenza elastica, i cui valori di elongazione risultino conosciuti e calibrati, permette al fisioterapista di proporre l’esercizio isometrico con il dosaggio appropriato per il paziente. Un sostegno rotondo (un asciugamano arrotolato) viene messo sotto il cavo ascellare per permettere una adeguata posizione della spalla del paziente durante gli esercizi per la cuffia dei rotatori.

Questi esercizi sono basati su ricerche elettromiografiche (EMG) che mostrano alti livelli di attivazione della cuffia dei rotatori posteriore, e inoltre questi esercizi vengono eseguiti in posizioni ben tollerate dai pazienti anche nelle prime fasi del processo riabilitativo. Inizialmente vengono eseguiti solamente movimenti attivi senza resistenza e si progredisce sulla base della tolleranza del paziente incrementando la resistenza di 0.25KG.
In pazienti sottoposti a intervento in artroscopia di Bankart, vengono per primi utilizzati gli esercizi di “side-lying ER” e “estensione della spalla in posizione prona con arto ruotato esternamente” (pollice verso il soffitto), seguiti da un esercizio progressivo in abduzione orizzontale in posizione prona a 6-8 settimane post intervento. L’uso dell’esercizio in prono con rotazione esterna e retrazione scapolare può essere solamente proposto nelle fasi successive della riabilitazione, quando il paziente ha recuperato l’abduzione/ rotazione esterna necessarie per questo esercizio e quando sono presenti livelli maggiori di forza dei muscoli della cuffia dei rotatori e dei muscoli scapolari.

L’abduzione orizzontale in posizione prona viene eseguita a 90° per minimizzare gli effetti risultanti dal contatto subacromiale. Una ricerca ha dimostrato che questa posizione genera alti livelli di attivazione muscolare del sovraspinato, rendendolo una alternativa valida al largamente usato “empy can”, il quale può spesso causare impingement per i caratteristici movimenti combinati di intra rotazione ed elevazione.

Per produrre una risposta di affaticamento e migliorare la resistenza muscolare locale è consigliabile eseguire 3 serie da 15-20 ripetizione ciascuna.

È fondamentale evidenziare l’importanza di enfatizzare una corretta posizione scapolare durante gli esercizi per la cuffia dei rotatori come nel “side-lying external rotation”, “prone extension”, e “prone horizontal abduction”.
Cools e colleghi hanno dimostrato una intensificata attivazione della cuffia dei rotatori durante gli esercizi in cui veniva enfatizzato un corretto posizionamento scapolare. L’autore di questo capitolo suggerisce un attento monitoraggio del naturale movimento scapolare che avviene durante gli esercizi per la cuffia dei rotatori opponendosi quindi ad una posizione bloccata della scapola in retrazione durante il movimento omerale (rotator cuff exercise patterning).

L’efficacia di questi esercizi per la cuffia dei rotatori è stata dimostrata in un paradigma di allenamento di 4 settimane, ed è stato notato un aumento della forza di intra e extrarotazione dell’8-10%, misurata in isocinetica in soggetti in salute. Il programma di allenamento della muscolatura della cuffia e della muscolatura scapolare ha determinato modifiche e miglioramenti della ratio di intra-extrarotazione, aumento della forza, maggiore resistenza muscolare della cuffia dei rotatori e potenziamento delle performance.

Tutti gli esercizi per gli extra rotatori eseguiti in piedi e in posizione di decubito laterale sono svolti con l’ausilio di un piccolo asciugamano arrotolato inserito sotto l’incavo ascellare del paziente così come illustrato nella foto.
Oltre ad assistere all’isolamento dell’esercizio e al controllo di movimenti non voluti, l’uso di questo sostegno ha dimostrato incrementare del 10% l’attività muscolare dell’infraspinoso quando paragonata allo stesso esercizio eseguito senza l’applicazione del supporto ascellare.
Un altro vantaggio teorico riguardo l’uso del supporto ascellare, che permette di posizionare la spalla a circa 20-30° di abduzione, è quello di prevenire il fenomeno di “wrining out”, osservato in una ricerca su cadaveri sulla microvascolarità della spalla. Rathburn e Mac Nab hanno mostrato un flusso sanguigno migliore nel tendine del sovraspianto quando l’arto è posto in leggera abduzione rispetto all’arto posizionato in completa adduzione. Infine, un’altra ricerca scientifica ha ulteriormente supportato l’uso del supporto tra omero e tronco sotto l’incavo ascellare durante gli esercizi di rotazione omerale.

Graichen e al. hanno valutato 12 soggetti in salute usando la RM a 30°, 60°, 90°, 120°, e 150° di abduzione. È stata creata una forza di 15 N, con conseguente contrazione isometrica in abduzione o contrazione isometrica in adduzione. Una contrazione isometrica in adduzione produce una significativa apertura o aumento dello spazio subacromiale in tutte le posizioni di abduzione dell’articolazione gleno-omerale. Nessuna modifica di tilt scapolare o ritmo scapolotoracico è stato notato durante le contrazioni muscolari isometriche di abduzione e adduzione.

I risultati di questa ricerca scientifica possono essere applicati durante gli esercizi di rotazioni dell’omero su pazienti con impingement. L’uso di un supporto può facilitare una contrazione isometrica in adduzione in pazienti che possono necessitare di migliorare la posizione subacromiale durante gli esercizi di rotazioni omerali a causa di impingement.

Una ricerca condotta da Bitter e al. ha fornito una guida per l’uso degli esercizi di resistenza nella riabilitazione della spalla. Essi hanno misurato l’attività elettromiografica dell’infraspinato e del deltoide medio e posteriore durante l’esercizio di rotazione esterna in soggetti in salute. L’attività muscolare è stata monitorizzata durante l’esercizio in extra-rotazione a livelli di attivazione di 10, 40, e 70 % (rispetto alla percentuale massima). Questo importante studio scientifico ha riscontrato una maggiore attività relativa all’infraspinato quando il livello di resistenza dell’esercizio era al 40% dello sforzo massimo, indicando un’attività più precisa dell’infraspinato con minori compensi del deltoide.

Questo studio sostiene la validità di esercizi di rinforzo eseguiti con intensità minori, per ottimizzare l’attivazione della cuffia dei rotatori, e ridurre input per il deltoide e per gli altri prime movers, meccanismo che accade spesso con carichi resistivi di alta intensità.

Implicazioni di interventi chirurgici concomitanti

Pazienti che si sottopongono all’intervento di ricostruzione artroscopica di Bankart, hanno spesso eseguito interventi chirurgici concomitanti, i quali hanno implicazioni nel protocollo riabilitativo. I pazienti che, oltre al distacco del cercine anteroinferiore, subiscono anche il distacco del cercine superiore e successivamente vengono sottoposti ad una riparazione di SLAP, devono seguire nell’immediato approccio post-chirurgico specifiche linee guida e limitazioni.
Contrazioni attive del bicipite contro resistenza sono indicate in pazienti che hanno avuto una concomitante riparazione del cercine superiore. Ciò comprende lo svolgimento di tutti gli esercizi di resistenza in flessione di gomito, inclusi rowing, ergometria della parte superiore del corpo, ed esercizi di supinazione dell’avambraccio per limitare l’attivazione del bicipite. Questa attivazione è rinviata per le prime 6-8 settimane post-chirurgiche.
Anche la progressione della rotazione esterna eseguita a 90° di abduzione dell’articolazione gleno-omerale è posticipata fino a 6–8 settimane post intervento, per ridurre gli effetti del meccanismo di peel back e proteggere, fondamentalmente, la riparazione del cercine superiore.

I pazienti sottoposti anche a riparazione di cuffia sono limitati nell’iniziale rinforzo della cuffia dei rotatori, sulla base della dimensione della lesione e sul grado di coinvolgimento del tendine. Inoltre, i pazienti che sono stati sottoposti anche a decompressione subacromiale o escissione clavicolare distale, possono riportare una maggiore dolorabilità e, rispettivamente, un ritardo nell’elevazione anteriore non-dolorosa e nella adduzione orizzontale, a causa della reazione ossea alla procedura chirurgica e della necessità di ulteriore tempo per la guarigione di queste strutture anatomiche. Questi interventi chirurgici concomitanti non precludono la possibilità del paziente di progredire e seguire lo stesso protocollo usato nella ricostruzione in artroscopia di Bankart, ma esigono modifiche e tempi di progressione modificati a causa delle aggiuntive strutture anatomiche coinvolte nell’intervento.

Quando viene eseguita la tecnica del “remplissage”, poichè la lesione mediale di Hill-Sachs è off-track bisogna considerare che il tendine del infraspinato viene inserito direttamente nell’osso della testa dell’omero; quindi devono essere evidenziate alcune precauzioni:

  • Restrizione di rotazione interna e adduzione orizzontale, movimenti di spinta, e bench press, ecc.
  • Immediata mobilizzazione in rotazione esterna a 45° di abduzione e flessione passiva fino a 90° per le prime 4 settimane
  • Iniziare la rotazione interna a 6-8 settimane postchirurgiche
  • ROM completo a 8-12 settimane (perdita prevista di rotazione esterna)

Fase Intermedia (6–12 settimane)

Le tipiche tempistiche di questa transizione si verificano tra le 6 e le 8 settimane in base al grado della iniziale perdita di ROM, a interventi chirurgici concomitanti, e in base alla compliance del paziente nella fase iniziale di riabilitazione post-operatoria. La progressione ai gradi finali di ROM su ogni piano di movimento avviene in questa fase della riabilitazione.

Sempre in questa fase, il range di movimento progredisce particolarmente in rotazione esterna a 90° di abduzione funzionale su piano scapolare e infine su piano coronale. I terapisti hanno come termine di riferimento per decidere gli obbiettivi del range articolare l’arto controlaterale, così come influisce sulle decisioni la condizione di instabilità del paziente prima dell’intervento, la presenza o meno di bone loss e il fatto o meno che l’arto sia dominante. Questi fattori possono indicare, sulla base del confronto con il chirurgo di riferimento, una limitazione del range di movimento dell’arto operato rispetto all’arto controlaterale per proteggere ulteriormente e fornire una componente capsulare più stabile in seguito all’intervento chirurgico. Ad esempio, in pazienti con numerose lussazioni pre-operatorie, presenza di bone loss glenoideo o omerale, e ridotta funzionalità in abduzione rotazione esterna o in pazienti con esigenze atletiche, si può considerare un rientro all’attività al raggiungimento di un range di mobilità parziale.

Tuttavia, si deve prestare attenzione a non lasciare il paziente con limitato range articolare che potrebbe condurre a traslazioni anomale di compenso della testa dell’omero e predisporre il paziente a futura artropatia.

Progressione della cuffia dei rotatori e stabilizzazione scapolare

Ulteriori esercizi di stabilizzazione scapolare, in questa fase della riabilitazione, includono la rotazione esterna con retrazione scapolare, un esercizio conosciuto per la capacità di reclutare l’attivazione del trapezio inferiore di 3.3 volte maggiore rispetto al trapezio superiore.

Quando non è necessario proteggere rotazione esterna, questo esercizio può essere eseguito enfatizzando la retrazione scapolare durante l’esecuzione. Sono molteplici le variazioni del “rowing” in posizione seduta, degli esercizi di protrazione/retrazione con resistenza manuale sulla scapola, come anche l’uso di esercizi a catena cinetica chiusa in elevazione del braccio a 90°, con la mano del paziente posizionata su una piccola Swiss ball sulla quale vengono effettuate delle perturbazioni per aggiungere feedback propriocettivi e stimolare la contrazione in questa posizione funzionale.

Inoltre, in pazienti caratterizzati da un’intensa attività di lavoro o attività sportiva in un contesto in cui gli arti superiori sono posizionati in catena cinetica chiusa, vengono applicate delle progressioni di stabilizzazione ritmica iniziate in posizione quadrupedica per accrescere la stabilizzazione prossimale.

L’esercizio per la cuffia dei rotatori procede includendo le oscillazioni in rotazione esterna e l’uso della body blade in posizione di decubito laterale. Questi esercizi sono time based (progressione in termini temporali) e iniziano con delle serie da 30 sec per migliorare la resistenza muscolare. Chen et al. ed Ebaugh e al. hanno entrambi mostrato gli effetti negativi che si verificano sul posizionamento scapolare e sul controllo delle traslazioni della testa dell’omero quando sopraggiunge l’affaticamento muscolare della cuffia dei rotatori.

In questa fase riabilitativa, oltre ad aggiungere esercizi più complessi, viene aumentato anche il grado di elevazione dell’omero negli esercizi scapolari e in quelli per la cuffia dei rotatori. Per l’ulteriore stimolazione dell’attività muscolare e co-contrazione possono essere applicate, dal fisioterapista, delle perturbazioni nella posizione funzionale del 90/90. Questo esercizio può anche essere accompagnato da un esercizio in posizione prona a 90° di abduzione e extra-rotazione, per facilitare l’attivazione della cuffia dei rotatori, del trapezio inferiore e degli altri stabilizzatori della scapola durante la riabilitazione.
L’attenzione alla rotazione esterna nel rinforzo della cuffia dei rotatori si basa su ricerche scientifiche che mostrano come la cuffia dei rotatori posteriore abbia un ruolo attivo nel prevenire la traslazione anteriore (della testa dell’omero) durante il movimento dell’articolazione gleno-omerale. La forza in direzione posteriore (dorsale) prodotta dalla cuffia dei rotatori posteriore, può fornire la stabilizzazione chiave per limitare sia la traslazione anteriore sia lo stress al cercine ricostruito e al complesso capsulo- legamentoso. In questa fase riabilitativa, viene inoltre inserito il rinforzo della rotazione interna.
Gli esercizi includono resistenze elastiche in rotazione interna con l’arto posizionato in adduzione neutra con un supporto ascellare, così come esercizi in rotazione interna a 90° di abduzione. Un esercizio per stimolare la contrazione dei rotatori interni in modo funzionale e rapido, può essere eseguito con il palleggio (ball dribbling) a 90° di elevazione anteriore con il gomito flesso a 90°

L’aggiunta di stabilizzazioni ritmiche, effettuate dal fisioterapista, è anche indicata ed eseguita nel tempo di recupero dal palleggio. In pazienti con instabilità gleno-omerale e patologie della cuffia dei rotatori viene effettuato un attento monitoraggio del rapporto di forza muscolare tra gli intra-extrarotatori. Ellenbecker e Davies hanno fornito una significativa revisione a riguardo e la letteratura scientifica ha stabilito il rapporto chiave di 2:3 per la ratio RE/RI con la forza degli extra-rotatori del 66% rispetto agli intra-rotatori in un soggetto sano. Byram et al. hanno mostrato il rapporto RE/RI essere un fattore predittivo per severi traumi alla spalla in atleti overhead professionisti, incentivando l’utilizzo di questo rapporto RE/RI come guida nella programmazione del rinforzo muscolare durante la riabilitazione.

È stato consigliato differenziare questo rapporto per includere valori più alti di 66% per garantire che la forza della cuffia dei rotatori posteriore possa compensare maggiori stress rotazionali interni durante attività funzionali. Per questo rapporto è stato consigliato un range tra 2:3 e 3:4, e dunque il rapporto di 66-75% RE/ è divenuto punto di riferimento utilizzato da molti terapisti per la stabilizzazione dinamica nel guidare la quantità e il livello di rinforzo della rotazione interna e per gestire un ottimo equilibrio muscolare durante la riabilitazione della spalla.

Fase di ritorno alla funzionalità (12–16 settimane)

Questa fase mette in evidenza un recupero continuativo del movimento funzionale così come esercizi di maggior difficoltà per la cuffia dei rotatori ed esercizi scapolari focalizzati per il ritorno del paziente al proprio livello funzionale. Alcuni degli esercizi chiave aggiunti in questa fase riabilitativa comprendono una progressione dell’esercizio pliometrico funzionale e esercizi di resistenza isocinetica per le rotazioni interne ed esterne della spalla. L’aggiunta degli esercizi isocinetici (se disponibili) non fornisce solamente una resistenza ottimale ben distribuita attraverso tutto l’arco di movimento, ma permette anche valutazioni dettagliate e misurazioni dell’equilibrio muscolare (rapporto RE/RI) impossibili da ottenere manualmente. L’uso del dinamometro hand-held può inoltre fornire dati oggettivi estremamente importanti sulla forza per direzionare la normalizzazione del rapporto RE/RI e guidare la gestione dell’esercizio e lo sviluppo del programma della fase finale. La progressione degli esercizi pliometrici può essere iniziata in questa fase della riabilitazione. Diversi studi scientifici presentati in letteratura mostrano miglioramenti nella funzionalità degli arti superiori con l’esecuzione di diversi esercizi pliometrici.

La funzionale applicazione del pre-stretch (pre-tensionamento) eccentrico, seguito da una contrazione muscolare potente, è simile a diverse attività sportive in cui vengono usati gli arti superiori e serve come eccellente modalità di esercizio nella transizione del rientro del paziente ai programmi sportivi. Le Figure 3.50 e 3.51 mostrano due esercizi pliometrici di rotazione esterna eseguiti in decubito laterale usati per sviluppare la forza della cuffia dei rotatori posteriore, mentre le Figure 3.52 e 3.53 mostrano simili versioni dello stesso esercizio pliometrico ma con l’esecuzione nella posizione di 90/90.

Questi esercizi sono stati analizzati da Ellenbecker et al., mostrando alti picchi di attività elettromiografica del trapezio (118–131 % MVIC) e dell’infra- spinato (85–103 %) durante questi esercizi. Carter et al. hanno analizzato gli effetti di un programma di allenamento di 8 settimane con esercizi pliometrici degli arti superiori e con il rinforzo della rotazione esterna con resistenza elastica eseguito a 90° di abduzione dell’articolazione gleno-omerale. Da questa ricerca è emerso un incremento della forza eccentrica degli extra rotatori e della forza concentrica degli intra rotatori e una migliore velocità del gesto del “throwing” (lancio) nei giocatori di baseball collegiali, mostrando quindi gli effetti positivi di un allenamento con esercizi di resistenza elastica e pliometria in atleti overhead.

Per il ritorno degli atleti a sport di contatto come basketball e football, la pliometria in rotazione interna può essere anche usata per applicare stress in abduzione extra rotazione, richiedendo un reclutamento muscolare e una stabilizzazione necessari per contrastare i possibili effetti negativi dello stress applicato in abduzione rotazione esterna. Le attività funzionali o le simulazioni sportive possono anche essere inserite in questa fase come nel caso del golf e del tennis, usando una progressione controllata con palle mediche e con una “plyoback machine” o con il partner.

Nel momento in cui il paziente è in grado di tollerare esercizi isotonici con 2-3 lb (0.90-1,40kg) e può eseguire esercizi di rinforzo delle rotazioni senza avvertire dolore, usando un livello di resistenza medio, possono essere eseguiti esercizi isocinetici per le rotazioni nella posizione base modificata. Questa posizione pone l’articolazione gleno-omerale a 30° di flessione e 30° di abduzione, e utilizza un’inclinazione di 30° del dinamometro rispetto al piano orizzontale.

Questa posizione viene ben tollerata e permette al paziente di procedere da livelli di resistenza submassimali a livelli più massimali, con velocità che variano da 120° e 210° al secondo in pazienti non atletici e tra 210° e 360° al secondo durante le ultime fasi della riabilitazione in pazienti atletici. L’uso del dinamometro isocinetico è inoltre importante per quantificare oggettivamente i livelli di forza muscolare e, più importante, per controllare l’equilibrio muscolare tra rotatori interni ed esterni. Il raggiungimento di un eguale livello di forza dei rotatori esterni ed interni rispetto a quelli dell’arto controlaterale è un obbiettivo iniziale accettabile; tuttavia un aumento unilaterale della forza degli intra rotatori del 15-30% è stato riscontrato in numerosi studi scientifici descrittivi in atleti overhead; dunque, una maggiore enfasi riabilitativa potrebbe essere necessaria per raggiungere questo livello di “dominanza” documentato. La progressione del paziente alla posizione del 90/90 nell’esercizio iso-inerziale (Impulse, Inc, Noonan Georgia) così come l’esercizio con il dinamomentro isocinetico con la spalla elevata a 90° su piano scapolare, fornisce un ulteriore stimolo per un allenamento ottimale per l’incremento della forza della cuffia dei rotatori nello sport e nelle posizioni attività-specifiche.

Durante l’allenamento isocinetico viene eseguita una prevalenza di schemi di RI/RE. L’obbiettivo dell’esercizio di RI/RE è basato su uno studio condotto da Quincy et al. sull’allenamento isocinetico, trovando che un allenamento di RI/RE di 6 settimane può non solo generare un significativo guadagno nella forza dei RI e RE ma che può inoltre migliorare la forza in estensione/flessione della spalla e abduzione/adduzione. L’allenamento con gli schemi di estensione/flessione e abduzione/adduzione             durante le stesse 6 settimane ha prodotto solo un incremento di forza nelle specifiche direzioni dell’allenamento. Questo sovraccarico di allenamento permette una migliore efficienza di risposta e di correzione del focus durante l’allenamento isocinetico proposto.

Criteri oggettivi di progressione per il ritorno a sport e ad attività funzionali

 Uno degli aspetti più stimolanti della riabilitazione del paziente dopo un intervento artroscopico di Bankart riguarda la decisione clinica in merito al ritorno del paziente alle proprie attività funzionali o sportive. É consigliato utilizzare dati oggettivi per dare le giuste informazioni al medico in merito a questa decisione.

L’uso di una valutazione oggettiva, consente all’equipe di gestire il ritorno degli individui alla funzionalità sulla base di parametri oggettivi che possono essere valutati ed effettuati nuovamente se necessario durante le fasi successive della riabilitazione. Futuri studi scientifici in prospettiva forniranno le evidenze chiave per l’uso delle linee guida, come quelle elencate precedentemente, e la loro abilità di prevedere una attività funzionale e performance sportiva di successo a seguito di episodi traumatici della spalla trattata con o senza intervento chirurgico e della successiva riabilitazione.

“Interval sport training” e programma di ritorno alle attività funzionali in seguito di artroscopia di bankart

 È al di fuori dallo scopo di questo testo il rivedere e fornire tutti i programmi di ritorno all’ attività in seguito di un intervento di stabilizzazione, sebbene diversi concetti chiave verranno discussi in seguito e insieme a consigli sulle modalità del ritorno al tradizionale sollevamento di pesi e al tennis, per fornire dei caratteristici esempi di progressione graduali atti a minimizzare il rischio di recidiva di lesione e a ottimizzare la relazione tra successo e performance funzionale. Il ritorno del paziente al tradizionale sollevamento pesi implica la modifica e l’educazione del paziente ad un maggiore stress applicato all’articolazione gleno-omerale, che sottopongono la spalla ad eccessiva adduzione orizzontale e, in alcuni esercizi, ad eccessiva elevazione. Questi esercizi possono aumentare lo stress sulle strutture capsulo-legamentose anteriore e creare un impingement. Bleacher e Ellenbecker e Gross et al. hanno fornito delle line guida per il ritorno al sollevamento pesi tradizionale in pazienti con instabilità e patologie della cuffia dei rotatori. I concetti generali includono l’alternanza dei giorni di allenamento (riposo durante le sessioni di rinforzo muscolare), pesi minori e maggior numero di ripetizioni e, fattore più importante, la posizione dell’esercizio e le modifiche del pattern di movimento. Le limitazioni del range di movimento con i “bench presses” e la rimozione di tutti gli esercizi dietro la testa, come il “lat pull” e il “military press” con consigliate modifiche di pattern di movimento sono indicate in pazienti sottoposti ad intervento di ricostruzione di Bankart.

Ulteriormente importante per i body builder è la continuazione degli esercizi di allenamento della cuffia dei rotatori e degli scapolari per mantenere l’equilibrio muscolare di RE/RI e assicurare i livelli essenziali delle forze di stabilizzazione della cuffia dei rotatori anche dopo la fine del processo riabilitativo.

Le caratteristiche di un ITP program specifico per il tennis include l’alternanza dei giorni di allenamento, così come graduale progressione di intensità e ripetizione del gesto atletico .Per quanto riguarda gli intervalli di allenamento nel ritorno all’attività sportiva del tennis, è indicato l’utilizzo iniziale di una palla di spugna con la progressiva successione ad una palla a bassa compressione, entrambe usate durante il processo di insegnamento del tennis nei giovani .Queste palline da tennis sono consigliate durante la fase iniziale del rientro in campo e sono pensate per produrre un minor stress da impatto e per migliorare la tolleranza del paziente nella fase iniziale tennis-specifica.

Inoltre, eseguire l’allenamento ad intervalli sotto supervisione, sia durante le sessioni di fisioterapia, sia con un allenatore, sia con l’insegnante di tennis, consente la valutazione biomeccanica della tecnica e protegge contro allenamenti eccessivamente zelanti, che possono essere un errore comune in pazienti molto motivati, con buone intenzioni e specialmente negli adolescenti. Usare un programma di ritorno all’attività in giorni alteranti, con riposo tra le serie, consente di recuperare e diminuire i rischi di recidiva. Questo programma di allenamento per il tennis, gestito a intervalli, è stato precedentemente pubblicato e include informazioni aggiornate sull’utilizzo delle differenti palline da tennis per le diverse progressioni e porta il tennista attraverso una serie progressiva dai ground strokes alle volleys e per ultimo viene affrontato il movimento del “servizio” in overheads. Inoltre, è consigliabile che le corde della racchetta e la racchetta stessa del paziente siano valutate da un istruttore qualificato, poichè vi sono alcune caratteristiche che possono essere più indicate per i pazienti durante il loro rientro a seguito di lesione di spalla.

INTERVENTO DI “PLASTICA SECONDO LATARJET” (video LATARJET)

L’intervento di “Plastica secondo Latarjet” è utilizzata nelle instabilità antero-inferiori recidivanti di spalla se presentano deficit ossei importanti sulla testa omerale (Lesione di Hill-Sachs) e/o perdite ossee sulla regione anteriore della glena. La giovane età, la lassità dei legamenti, il tipo di sport (contatto e collisione), il livello dello sport praticato, oltre al tempo intercorso dal primo episodio rappresentano fattori di rischio relative alle recidive se operati per via artroscopica (riparazione di Bankart).

E’ solo l’esperienza del chirurgo che può integrare la storia clinica, l’esame obiettivo e l’imaging può decidere la tecnica più opportuna per la tipologia di paziente, ricordando che, ad oggi, non esiste una tecnica che garantisca al 100% lo spettro delle recidive.

La tecnica di Latarjet è considerata una procedura chirurgica “non anatomica”; l’obbiettivo di tale tecnica è quello di stabilizzare l’articolazione della spalla attraverso la compensazione della lesione capsulo- legamentosa e ossea attraverso una contenzione ossea e dei tessuti molli in modo tale da bloccare l’eccesiva traslazione e ripristinare la stabilità. Lo studio del piano preoperatorio viene effettuato tramite Rx in proiezione antero-posteriore, rotazione interna e esterna e laterale, assiale e proiezione di Bernageau. Indagine tramite CT Scan viene effettuata su tutti i pazienti per valutare in maniera più efficace la superficie articolare glenoidea. In ogni caso, dal momento in cui l’integrità della glenoide rappresenta uno degli elementi che danno un indicazione chirurgica, l’affidabilità degli esami radiografici effettuati su di essa rappresenta uno degli elementi chiave. In accordo con Gerber, dobbiamo fare attenzione alla proiezione radiografica antero-posterioere della spalla dove la rima articolare glenoidea appare come una linea sub condrale sclerotica. Questa linea sclerotica può risultare assente per più di 5mm rispetto al bordo inferiore della glenoide in pazienti con deficit glenoideo anteriore. Questa assenza è chiamata “perdita della linea sclerotica glenoidea” (Loss of Sclerotic Glenoid Line) ed è utilizzato in pratica clinica per documentare in maniera semplice eventuali lesioni ossee della rima glenoidea anteriore che in ogni caso, se presenti devono necessariamente essere documentare tramite CT scan.

La nostra tecnica chirurgica rappresenta una modificazione della procedura di Latarjet, effettuata attraverso l’utilizzo di una “mini plate” sviluppata dagli autori. Il tessuto cutaneo viene inciso lungo la linea ascellare anteriore in direzione longitudinale verso la linea di Langers. L’incisione è effettuata lateralmente rispetto al processo coracoideo. L’intervallo delto-pettorale viene identificato, la vena cefalica viene retratta lateralmente e si crea un intervallo. La fascia clavicolo-pettorale superficiale è quindi incisa all’altezza del bordo laterale del tendine comune alla sua inserzione sulla coracoide e il legamento, e il legamento coraco-acromiale viene sezionato per facilitare l’esposizione della porzione superiore della capsula, e in particolare dell’area dell’intervallo dei rotatori. Il solco bicipitale e la piccola tuberosità vengono identificati. Questo tipo di procedura è effettuata tramite l’utilizzo di un innesto osseo locale attraverso l’osteotomia dei 2 cm corrispondenti alla parte terminale del processo coracoideo, distaccando la coracoide. Il graft coracoideo (l’innesto osseo) viene cruentato nella sua superficie inferiore fino ad arrivare all’osso spongioso. Successivamente viene effettuato lo split orizzontale del tendine del sottoscapolare, l’innesto osseo coracoideo viene trapiantato, insieme al suo tendine comune, lungo la rima glenoidea antero-inferiore, anch’essa precedentemente cruentata. L’innesto osseo coracoideo è posizionato a livello subequatoriale e a non meno di 2 mm dalla cartilagine glenoidea. L’innesto osseo coracoideo collocato longitudinalmente è mantenuto in sede attraverso due viti canulate bi-corticali parzialmente trattate (di diamentro 4mm) e attraverso l’utilizzo di una “mini plate” (placca metallica) cuneizzata per incrementare la compressione. Il design della “mini plate” possiede specifiche casistiche ognuna della quali corrisponde ad una precisa funzione biomeccanica. Essa possiede un profilo laterale a forma di cuneo e se posizionata mediamente sul versante inclinato del margine mediale del collo scapolare, messa sotto compressone fa si che l’innesto osseo coracoideo ruoti medialmente, incrementando così il contatto tra l’innesto osseo coracoideo e la superficie ossea glenoidea. La placca è configurata con una forma a "otto" che le permette un migliore orientamento in torsione sul versante dorsale della superficie coracoidea. Essa possiede quattro punte (spikes) per migliorare la stabilità dell’unità palla-osso e due fori per le viti per supportare l’inserimento delle stesse. La struttura permette alla placca di distribuire il carico uniformemente sull’osso.

LA RIABILITAZIONE A SEGUITO DI INTERVENTO DI “PLASTICA SECONDO LATARJET”

La riabilitazione post- chirurgica deve prendere in considerazione le seguenti indicazioni:

  1. Tempi biologici si guarigione specifici della procedura chirurgica: incisione cutanea, clivaggio del piano, capsulotomia, tenotomia o split muscolotendineo; in questo caso la guarigione osso-osso dell’innesto coracoideo sul collo della scapola è cruciale.
  2. Ripristino neuromuscolare e propriocettivo: deve essere graduale nel caso in cui la struttura abbia subito un danneggiamento ed essere in accordo al timing di guarigione biologica, ma può essere accelerato se riguarda anelli della catena cinetica che esulano il coinvolgimento dell’arto leso.
  3. Ritorno all’attività lavorativa e/o sportiva.