Trattamento chirurgico dell’artrosi

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Trattamento chirurgico dell’artrosi

L’intervento chirurgico di artroplastica dell’articolazione gleno-omerale ha rivoluzionato il trattamento della spalla in avanzato stato doloroso di degenerazione.

Sebbene la protesi di spalla è meno frequente rispetto alla protesi di ginocchio o di anca, è comunque un trattamento vincente nell’alleviare dolore articolare in una notevole varietà disordini degenerativi. Il dolore di spalla è uno delle patologie più comunemente riscontrate in ospedali, reparti di reumatologia, ortopedia, riabilitazione e in altre strutture sanitarie.

Il dolore alla spalla può avere origine da un insieme di evenienze pato-meccaniche che includono il coinvolgimento dei tendini della cuffia dei rotatori, delle borse e delle strutture capsulo legamentose dell’articolazione gleno-omerale. La maggior parte dei disordini di spalla risponde con successo ad un programma conservativo con terapia medica e riabilitazione, di contro, i pazienti con un’artrosi avanzata della gleno-omerale, sintomatica e invalidante sono i candidati per una artroplastica totale di spalla.

STORIA DELL’ARTROPLASTICA DI SPALLA
La prima relazione documentata di un intervento di artroplastica risale al 1893, quando il chirurgo francese Jules-Émile Péan inserì una protesi fatta di platino e gomma nell’articolazione gleno-omerale danneggiata da un’infezione di tubercolosi. Il progresso dell’intervento protesico di spalla è stato caratterizzato da entrambe le influenze europee e americane. In Europa, durante gli anni ’50, al Royal National Orthopedic Hospital a Stanmore, i chirurghi usavano le protesi per tumori dell’omero prossimale.

Questa protesi aveva una funzionalità ridotta ma una buona sopravvivenza a lungo termine. Il gruppo di Stanmore creò più tardi una protesi di spalla per pazienti con osteoartrosi e artrite reumatoide. A quel tempo, questa protesi vincolata aveva un design simile a quello delle protesi di anca. Negli Stati Uniti, più tardi, il Dr. Charles S. Neer II sviluppò una protesi non vincolata in Vitallium (una lega cromo-cobalto) per il trattamento di fratture complesse di omero prossimale. Queste protesi hanno aumentato il grado di funzionalità del paziente e ridotto il dolore più efficacemente rispetto alle resezioni ossee, all’epoca trattamento standard.

In quegli anni, il successo dell’artroplastica di anca influenzò il Dr. Neer nella progettazione di una protesi totale di spalla dedicata ad articolazioni in avanzato stato di osteoartrosi (The Neer II Prosthesis).

Questa protesi era costituita da una glenoide in polietilene e da una testa dell’omero in metallo con una varietà nella lunghezza di steli e misure della testa dell’omero.

Nello stesso periodo, alcuni pionieri svilupparono una vasta scelta di impianti per la protesi di spalla: tra questi, gli impianti vincolati (dove la glenoide si adatta perfettamente alla testa metallica dell’omero), e componenti in metal-back glenoidee particolarmente aggressive, e perfino primi modelli di protesi inversa di spalla. Gli elevati tassi di fallimento di questi modelli hanno fatto sì che si abbandonassero per adottare l’impianto di tipo non vincolato di Neer II.

Il successivo progresso nella progettazione delle protesi di spalla ha richiesto diversi tentativi per cercare di riprodurre l’anatomia del paziente e queste protesi “Anatomiche” sono diventate diffuse negli anni ’90.

Nel decennio attuale, gli impianti contemporanei sono progettati per migliorare il fissaggio della glenoide

(utilizzando PEG centrali per permettere la crescita ossea), preservare la parte prossimale dell’omero e usare la navigazione guidata al computer per un posizionamento più preciso della glenoide.

APPROCCIO NON CHIRURGICO E RIABILITAZIONE
Prima di considerare l’intervento chirurgico, viene generalmente proposto ai pazienti con osteoartrosi un trattamento conservativo unito al trattamento medico, che include l’uso di antinfiammatori non steroidei che aiutano la diminuzione del dolore e dell’infiammazione.

Solitamente, studi scientifici suggeriscono che il paracetamolo ha un risultato efficace nella diminuzione del dolore rispetto ad un placebo; tuttavia l’uso di antinfiammatori aumenta i rischi cardiaci e gastrointestinali, specialmente negli anziani.

Le infiltrazioni intra-articolari di cortisone hanno un effetto limitato e dovrebbero essere un numero massimo di a tre o quattro l’anno. Questo tipo di approccio può essere altresì utilizzato nelle fasi acute, ma non come trattamento a lungo termine. Inoltre anche le infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico possono essere di aiuto in pazienti con osteoartrosi di spalla, come è stato riportato da alcuni studi.

La riabilitazione di un’artrosi di spalla non è stata ancora adeguatamente studiata. La maggior parte degli autori raccomanda un programma che include un miglioramento della mobilità articolare gleno-omerale, un rinforzo della cuffia dei rotatori, e un rinforzo dei muscoli stabilizzatori della scapola (basso trapezio e dentato anteriore). Per poter indicare un protocollo standard è necessaria una maggiore evidenza scientifica fino ad ora non disponibile.

La pulizia artroscopica o il release capsulare in un’artrosi di spalla possono avere qualche effetto positivo, ma i dati che sostengono l’artroscopia hanno una scarsa evidenza scientifica e provengono da casi report. Nonostante risulti essere più conveniente e associata a minor numero di complicanze rispetto all’artroplastica, l’efficacia clinica della pulizia artroscopica è limitata e non fornisce molti benefici in pazienti con osteo-artrite gleno-omerale.

INDICAZIONI PER L’ARTROPLASTICA IN ARTROSI DI SPALLA
L’artrosi alla spalla costituisce una patologia molto comune e affligge più del 30% delle persone sopra i 60 anni. La degenerazione aumenta con l’età e le donne sono più suscettibili rispetto agli uomini. Questa condizione è davvero invalidante e i pazienti percepiscono l’artrosi alla spalla in maniera simile a malattie croniche quali diabete, insufficienza cardiaca o infarto.

Le indicazioni per l’intervento chirurgico si basano essenzialmente sulla gravità dei sintomi del paziente.

Le controindicazioni includono giovane età, livello di attività elevata e disturbi neuromuscolari .

Pazienti con una lesione irreparabile di cuffia dei rotatori sono soggetti a maggiori probabilità di mobilizzazione precoce della glenoide e dovrebbero evitare l’intervento standard di protesi totale, preferendo un intervento di protesi inversa. Alcuni pazienti potrebbero avere glenoidi displastiche o biconcave. In queste circostanze la protesi totale di spalla ha minore successo, poiché può essere difficile ottenere un fissaggio stabile della glenoide, anche a fronte di una fresatura (Riming) eccentrico o l’utilizzo di un innesto osseo nei casi più gravi.

ARTRITE REUMATOIDE
Le malattie reumatiche colpiscono comunemente la spalla, e la progressione della patologia è caratterizzata dalla distruzione dell’articolazione e da un probabile associato deterioramento della cuffia dei rotatori.

È interessante notare come il grado di coinvolgimento della cuffia dei rotatori sembri predire al meglio la sofferenza articolare del paziente. La sinovialectomia artroscopica, con release capsulare se necessario, possono essere di aiuto nel diminuire il dolore e ripristinare la funzionalità.

L’emiartroplastica e la protesti totale possono essere entrambe eseguite in pazienti con una cuffia dei rotatori intatta, i cui sintomi però giustifichino la scelta di intervento protesico. I risultati post chirurgici dimostrano una maggiore diminuzione di dolore e un miglior grado di mobilità qualora venga eseguito un intervento di protesi totale di spalla. Quando invece, vi è un’insufficienza della cuffia dei rotatori, una protesi inversa può essere più vantaggiosa; tuttavia, pazienti con disturbi reumatici posso avere un elevato rischio di fratture e possono riportare una grave erosione della glenoide che necessita di innesto osseo.

NECROSI AVASCOLARE
L’artroplastica di spalla è un trattamento indiscusso per pazienti con necrosi avascolare della testa dell’omero. La necrosi avascolare può svilupparsi in seguito a traumi o può essere in relazione con patologie come anemia falciforme, lupus eritematoso o con abuso di alcol e uso di cortocosteroidi orali.

La necrosi avascolare è classificata in base alla gravità della patologia, dal primo livello (nessun segno radiografico) al quinto livello (collasso della testa dell’omero e coinvolgimento della glenoide).

La sostituzione della testa dell’omero può essere un trattamento valido per necrosi dell’omero, ma soltanto qualora non vi sia coinvolgimento della glenoide.

Quando invece la patologia raggiunge l’ultimo stato è raccomandata l’artroplastica totale di spalla. Solitamente, pazienti sopra i 65 anni con necrosi avascolare post traumatica, necrosi avascolare post-irradiazione, e limitazioni della mobilità prima dell’intervento chirurgico riscontrano risultati non soddisfacenti dopo l’artroplastica.

ARTROSI POST-TRAUMATICA
Mentre la necrosi avascolare si verifica nelle fratture di omero prossimale in cui avviene un’interruzione dell’apporto sanguigno, fratture intra-articolari mal consolidate o traumi significativi alla cartilagine della glenoide o della testa omerale possono generare un’artrosi cosiddetta post-traumatica.

L’artrosi gleno-omerale può essere anche il risultato di lussazioni frequenti dell’articolazione gleno-omerale stessa. Inoltre, i pazienti sottoposti ad intervento di instabilità di spalla hanno un maggior rischio di sviluppare artrosi.

Tutti questi pazienti possono essere trattati con un intervento di artroplastica con risultati brillanti. È importante tenere in considerazione che i pazienti che hanno subito un intervento in open con accesso anteriore per instabilità di spalla potrebbero avere una rotazione esterna limitata, e che potrebbero quindi aver necessità di un allungamento della capsula anteriore e/o del tendine del sottoscapolare per migliorare il grado di mobilità. Di conseguenza, dovrà essere probabilmente necessaria una maggiore protezione del sottoscapolare nella fase post-chirurgica.

ARTROPATIA DA LESIONE DI CUFFIA DEI ROTATORI
Un’artropatia sviluppata in seguito a lesione dei tendini della cuffia dei rotatori costituisce un particolare tipo di artrosi che può svilupparsi in concomitanza con una lesione massiva della cuffia. In questa tipologia di paziente, la cuffia dei rotatori è insufficiente nel tenere la testa dell’omero centrata nella glenoide e il deltoide traziona la testa dell’omero superiormente.

Nel corso del tempo, il consumo in eccentrica sulla glenoide e sulla testa dell’omero porta ad artrosi.

Poiché la lesione della cuffia in questi pazienti è massiva, un’artroplastica totale potrebbe essere controindicata, poiché il carico eccentrico sulla parte superiore della glenoide prostetica potrebbe portare ad un fallimento anticipato della protesi. Al contrario, un’emiartroplastica della testa dell’omero o una protesi inversa potrebbero essere più indicate.

CONTROINDICAZIONI PER L’ARTROPLASTICA DI SPALLA
Le controindicazioni per l’artroplastica di spalla includono una giovane età del paziente, livelli alti di attività, infezioni in corso, e pazienti con patologie neuromuscolari e/o affetti da artropatia di Charcot.

Pazienti con una lesione irreparabile dei tendini della cuffia dei rotatori sono soggetti a maggiori probabilità di mobilizzazione precoce della glenoide e dovrebbero evitare l’intervento standard di protesi totale, preferendo un intervento di protesi inversa.

APPROCCIO CHIRURGICO ALL’ARTROPLASTICA DI SPALLA
Il terapista incaricato di gestire un paziente con protesi di spalla deve avere un’adeguata conoscenza del gesto chirurgico e del tipo di impianto protesico al fine di proteggere l’operazione e di ottenere il miglior risultato possibile.

In generale, esistono tre diversi tipi di approcci per la protesi di spalla: l’emi-artroplastica, in cui solo una delle due parti dell’articolazione gleno-omerale viene sostituita, solitamente la testa dell’omero; la protesi anatomica, dove entrambe testa dell’omero e glena vengono sostituite con impianti che rispettino la normale anatomia del paziente; e la protesi inversa, dove l’articolazione gleno-omerale è rovesciata, in modo tale che l’elemento sferico (convesso) sia fissato alla glenoide e quello concavo sia fissato all’estremità superiore dell’omero.

EMIARTROPLASTICA E ARTROPLASTICA TOTALE 
L’approccio delto-pettorale è il più utilizzato in virtù della migliore esposizione dell’articolazione gleno-omerale sul campo operatorio. I differenti approcci rispetto al tendine del sottoscapolare sono stati recentemente revisionati da Gadea et al.

L’incisione cutanea viene effettuata sulla parte anterolaterale della spalla, direttamente sopra il processo coracoideo e verso l’inserzione deltoidea, evitando di incidere la zona ascellare. L’inter-piano nervoso tra deltoide (nervo ascellare) e grande pettorale (nervo pettorale mediale e laterale) viene poi inciso. La vena cefalica funge da punto di riferimento ed è in genere facilmente reperibile in questo intervallo. La vena cefalica ha diversi rami che corrono verso il deltoide e viene solitamente spostata lateralmente; tuttavia, in pazienti muscolosi o in sovrappeso, la vena può essere trasposta insieme al gran pettorale per evitare lesioni da eccessiva trazione. A questo punto, il tendine congiunto è esposto. La fascia del bordo laterale recisa esponendo così tendine e muscolo del sottoscapolare.

Approccio al tendine sottoscapolare
Per consentire l’accesso all’articolazione gleno-omerale il sottoscapolare deve essere necessariamente danneggiato iatrogenicamente. Sono disponibili una serie di approcci al sottoscapolare, ma in generale, esso va staccato dalla sua inserzione e successivamente reinserito. Nel post chirurgico la riparazione del sottoscapolare necessita di estrema attenzione e diventa protagonista nel timing del percorso riabilitativo poiché una lesione del tendine rappresenterebbe una complicanza devastante dopo un intervento di artroplastica totale di spalla.

Il tendine del sottoscapolare viene disinserito dalla piccola tuberosità, e successivamente riparato con suture sull’osso; esso può essere inciso con una tenotomia, lasciando un moncone sulla piccola tuberosità ed effettuando successivamente una riparazione tendine- tendine, oppure il tendine può essere rimosso insieme ad una parte di piccola tuberosità (osteotomia della piccola tuberosità), necessitando la successiva riparazione della trochite sulla diafisi omerale.

Studi scientifici hanno fallito nel dimostrare una differenza statisticamente significativa tra queste tecniche chirurgiche, in termini di score funzionale, outcome clinico o di degenerazione grassa del sottoscapolare.

Recentemente, alcuni autori hanno sperimentato un approccio che preservi il sottoscapolare lavorando sopra il tendine attraverso l’intervallo dei rotatori, o sotto il sottoscapolare incidendo la capsula inferiore, ma ad oggi, i risultati sono stati deludenti poiché gli impianti possono essere posizionati in maniera insufficiente e/o si può andare incontro ad una conservazione degli osteofiti.

Dopo che il sottoscapolare è stato disinserito, la capsula dell’articolazione gleno-omerale viene incisa.

Vi sono una serie di modi per effettuare il “release” della capsula, ma l’esposizione della glenoide può richiedere un’incisione significativa e quasi circonferenziale della struttura capsulare stessa, in particolare in pazienti con severa diminuzione di mobilità già in fase pre-chirurgica.

L’impianto protesico viene poi inserito. Ogni tipologia di impianto ha strumentazioni specifiche (per inserire l’impianto) costruite appositamente per tale modello. La modalità di inserzione dell’impianto sull’osso è di importanza notevole dal punto di vista del processo riabilitativo. Se l’impianto è cementato, il programma riabilitativo non necessita di particolari modifiche. Se invece l’impianto è rivestito di materiali che richiedono una guarigione ossea più complessa, il chirurgo può preferire aspettare alcune settimane, ponendo particolare attenzione al carico della spalla, per permettere così la crescita del callo osseo adeguato.

Dopo aver inserito l’impianto, il sottoscapolare viene ricongiunto con suture stabili e non-assorbibili così da prevenire eventuali lesioni. L’intervallo delto-pettorale viene riavvicinato e la cute suturata.

ARTROPLASTICA INVERSA DI SPALLA 
Le tecniche utilizzate per eseguire un’artroplastica inversa di spalla sono comunemente due. Queste includono l’approccio delto-pettorale e l’approccio antero-superiore.

 

Approccio delto-pettorale
L’approccio delto-pettorale è stato precedentemente descritto. In pazienti con compromissione della cuffia dei rotatori, il tendine potrebbe essere lesionato o impossibile da riparare. In alcuni tipi di protesi, la mancata integrità del sottoscapolare può portare all’instabilità dell’impianto protesico; in altri tipi di impianti invece, la ricostruzione del sottoscapolare non è di così grande importanza.

 Approccio antero-superiore
L’approccio antero-superiore, utilizzato per l’artroplastica inversa di spalla, viene spesso scelto da molti chirurghi.

I casi di artropatie della cuffia dei rotatori possono essere caratterizzati da una significativa instabilità superiore della testa dell’omero; questa procedura chirurgica di approccio antero-superiore approfitta della lesione del sopraspinoso, preservando quindi il sottoscapolare, permettendo così una riabilitazione più veloce e una migliore stabilità post-operatoria.

L’incisione usata è longitudinale o orizzontale lungo la linea di Langer, centrata appena posteriormente al bordo anterolaterale dell’acromion. I lembi cutanei vengono allontanati, il rafe deltoideo viene identificato, e viene effettuato lo split del deltoide anteriore a livello del terzo medio distale di circa 4 cm. Lo split del deltoide effettuato oltre i 4 cm aumenta la possibilità di lesionare il nervo ascellare.

Il deltoide anteriore può essere danneggiato da un’eccessiva incisione all’origine deltoidea o da una lesione del nervo ascellare durante lo split. Il nervo ascellare si trova a 2-2,5 cm dalla parte anteriore dell’acromion, e in alcuni studi su cadavere nel 25% delle spalle il nervo ascellare si trovava a meno di 4 cm.

Il legamento coraco-acromiale viene dunque disinserito dall’acromion. Il tendine del bicipite, se presente, viene tenotomizzato o tenosizzato. L’inserzione del sottoscapolare è conservata, ma la capsula anteriore lungo la glenoide può essere incisa per favorire la visualizzazione un’eccellente esposizione della glenoide anteriore e superiore e della testa dell’omero.

Questa tecnica è solitamente raccomandata in pazienti con artropatie della cuffia dei rotatori, poiché l’assenza della cuffia rende ancora più eccellente l’esposizione dell’articolazione e sebbene molti chirurghi preferiscano l’approccio antero-superiore, il rischio di mal posizionamento delle componenti (tilt superiore della glenoide e inserzione dello stelo in valgo) è più elevato.

Trasposizione del latissimo del dorso
Molti pazienti con artropatie della cuffia dei rotatori hanno una scarsa funzionalità o totalmente assente delle strutture muscolo tendinee della cuffia stessa. Questa condizione può limitare severamente l’abilità di movimento dell’arto, soprattutto nel ruotare esternamente.

Per cercare di migliorare questa condizione, alcuni chirurghi spostano l’inserzione del tendine del latissimo del dorso (un rotatore interno) sulla diafisi dell’omero al fine di modificarne la funzione, rendendolo così un rotatore esterno. Ovviamente, qualora questa procedura venga attuata, il chirurgo richiederà la protezione del muscolo reinserito nelle prime fasi della riabilitazione; gli input contro resistenza in rotazione esterna dovranno essere evitati poiché porterebbero ad un eccesso di rotazione interna dell’omero.

RIABILITAZIONE DOPO LA PROTESI DI SPALLA: OSSERVAZIONI GENERALI

La fisioterapia costituisce un elemento essenziale per permettere al paziente di recuperare il range di movimento. Tuttavia, diversi sono i risultati riportati in letteratura sul ROM (Range Of Motion) finale ottenibile da una spalla protesica operata. Il programma riabilitativo contribuisce significativamente al raggiungimento di risultati clinici ottimali per questo genere di procedura chirurgica e alcuni trail comparativi ci guidano a trovare il miglior protocollo post chirurgico per riabilitare i pazienti che si sono sottoposti a questo tipo di chirurgia.

Eriksson e al. hanno paragonato due approcci per il trattamento riabilitativo post-chirurgico di pazienti sottoposti a intervento di protesi di spalla che vivevano topograficamente lontano dalle strutture ospedaliere di riferimento. Un gruppo ha svolto una fisioterapia supervisionata da un riabilitatore “standard” nella città di residenza; l’altro gruppo ha eseguito una terapia in casa propria, mantenendo il contatto con il fisioterapista del team chirurgico dedicato attraverso videoconferenze.

È stato interessante vedere come il gruppo che si avvaleva della “telemedicina” ha raggiunto risultati costanti, miglior funzionalità della spalla e meno dolore rispetto all’altro gruppo.

In una popolazione di pazienti sottoposti a intervento chirurgico di protesi totale di spalla, Mulieri e al. hanno paragonato una fisioterapia standard ma supportata da un programma domiciliare creato dal chirurgo caratterizzato da restrizioni relativamente leggere, non hanno trovando differenze nei risultati di ASES o SST, o nel grado di soddisfazione del paziente, ma sorprendentemente il gruppo di terapia domiciliare aveva un miglior range di movimento. Questi studi suggeriscono che un’intensiva fisioterapia supervisionata può non essere necessaria purché il paziente segua un programma specifico di riabilitazione con le appropriate istruzioni.

Vi sono numerosi protocolli riabilitativi post chirurgici per protesi di spalla. A questo riguardo, la maggior parte degli autori che offrono tali indicazioni, forniscono restrizioni postoperatorie simili. È largamente accettato che risultati di successo dipendono da un’efficacie comunicazione tra chirurgo e terapista.

 Protezione del sottoscapolare - L’approccio chirurgico standard per un’emiartroplastica di spalla, per la protesi totale, e per opinione di molti chirurghi anche per la protesi inversa, è costituito dallo split del deltoide anteriore (sopra citato). Per accedere all’articolazione è necessario creare un danno iatrogeno al sottoscapolare. Pertanto, il riabilitatore dovrà porre attenzione nella tutela del sottoscapolare per permettere la sua guarigione.

Le indicazioni della maggior parte degli autori includono il tutore per 4-6 settimane post-chirurgiche e la raccomandazione a limitare la rotazione esterna, che è successivamente favorita dopo un periodo di 6-8 settimane. Sulla base di questo, semplici movimenti della quotidianità come toccarsi la schiena- movimento che mette il sottoscapolare in tensione- sono limitati durante questo periodo, su indicazione del chirurgo, così come lo è qualsiasi rinforzo della cuffia dei rotatori.

 Evitare posizioni che portano all’instabilità
In una protesi anatomica di spalla, i protocolli postchirurgici limitano l’abduzione e la rotazione esterna per 6-8 settimane successive all’intervento.

La protesi inversa è invece a rischio instabilità quando l’arto è addotto ed esteso. Per questo, molti autori evitano questa posizione nelle prime 6-8 settimane post operatorie avvalendosi dell’uso di un tutore neutro o di un tutore in abduzione. È importante ripetere costantemente ai pazienti di protesi inversa che non dovrebbero spingere con le braccia mentre si alzano da una sedia. 

Reintegro in sequenza e ritorno alle attività lavorative o sportive
La maggior parte degli autori raccomanda una mobilizzazione dell’arto già nelle prime fasi post chirurgiche (passiva e auto-assistita), di minimizzare l’immobilizzazione prolungata e di raggiungere il completo range prima di procedere con la fase successiva di rinforzo muscolare. Il ritorno al lavoro o all’attività sportiva è solitamente intorno ai 4-6 mesi dopo l’intervento chirurgico. Healy e al. hanno effettuato un sondaggio d’opinione ai chirurghi dell’“American Shoulder and Elbow Surgeons” per ricevere le indicazioni al ritorno all’attività sportiva dopo un intervento di protesi di spalla.

Calcio, ginnastica, hockey e climbing non sono sport raccomandati. Golf, pattinaggio sul ghiaccio, sport di tiro, e sci da discesa sono consigliati in giocatori esperti.

Altri sport, inclusi sci di fondo, nuoto, tennis doppio, canoa e ballo sono permessi. È importante notare come le indicazioni del chirurgo varino in base al livello di preparazione sportiva, e influenzino ciò che è lecito e ciò che non lo è.

ARTROPLASTICA TOTALE DI SPALLA
L’intervento protesico di spalla è eseguito per ridurre dolore nella spalla artrosica e per permettere un miglioramento nella funzionalità dell’articolazione. La riabilitazione in seguito ad un intervento di artroplastica dovrebbe essere orientata al miglioramento del range di movimento, al recupero muscolare, al controllo neuromuscolare e propriocettivo del quadrante superiore per ristabilire il miglior ritorno sia ad una mobilità funzionale che ad attività quotidiane.

Il tempo di recupero dopo un’artroprotesi di spalla è generalmente 9–12 mesi. In questa procedura, il sottoscapolare viene disinserito per accedere all’articolazione gleno-omerale e poi reinserito alla fine dell’intervento. Questo reimpianto dev’essere protetto per 6 settimane. Durante questo periodo, attività di forza che stressino il muscolo sottoscapolare come un’isometrica in rotazione interna o uno stretching eccessivo dei rotatori esterni devono essere evitati.

Un tutore dev’essere indossato per le prime 48–72 ore per protezione durante l’effetto ancora attivo dell’anestesia sulle strutture nervose, fino a che tali effetti post-chirurgici non siano cessati. Dopo 3 giorni, il tutore può essere rimosso per attività leggere come lavoro di scrivania purché la mano sia sempre tenuta di fronte al corpo. Il tutore dovrà essere indossato al bisogno durante il giorno, e in qualunque momento il paziente stia effettuando attività o si trovi in un ambiente non protetto; dovrà sempre essere indossato durante la notte per le prime 6 settimane.

La contenzione potrà essere completamente abbandonata alla 6° settimana post-operatoria. Intorno alla 4° settimana è consentito iniziare a muovere la spalla attivamente.

Fase 1 Post-operatoria (settimane 0 - 4)
Gli obiettivi iniziali della riabilitazione includono il controllo del dolore, il recupero del range di movimento dell’articolazione attraverso esercizi passive e attivi assistiti, e una leggera attivazione dei muscoli delle articolazioni gleno-omerale e scapo-lotoracica.

Al primo controllo clinico post-chirurgico si pone attenzione alla ferita. Al paziente viene insegnato come indossare e levare il tutore e come utilizzare il ghiaccio per l’eventuale crioterapia. Viene anche iniziato un programma di esercizi domiciliari, che includono il pendolo di Codman (in tutte le direzioni), esercizi per la mobilità attiva di gomito e polso, e esercizi attivi assistiti dell’articolazione gleno-omerale in flessione, abduzione, e rotazione esterna fino a 20° per proteggere la riparazione del sottoscapolare. Questi esercizi attivi -assistiti possono essere eseguiti con un bastone o con un piano di scivolamento variabile. Il paziente dovrebbe inoltre iniziare ad enfatizzare la mobilità scapo- toracica con il tutore al braccio, includendo l’elevazione, la depressione e la retrazione scapolare.

Nella 1a settimana, è possibile iniziare esercizi di isometria sub-massimale nella flessione, estensione, abduzione e rotazione esterna.

La rotazione interna attiva non è permessa, per la continua protezione del sottoscapolare.

In questa fase al paziente è consentito iniziare la retrazione scapolare in posizione prona.

L’utilizzo del “kinetec” per gli arti superiori e della carrucola può essere aggiunto al programma riabilitativo se consentito dalla compliance del paziente.

La mobilizzazione passiva viene eseguita dal fisioterapista, ponendo attenzione a non stressare l’impianto chirurgico o i tessuti molli che sono stati coinvolti nell’intervento.

Fase 2 Post-operatoria (settimane 4 - 8)
Alla 4a settimana il paziente può iniziare movimenti attivi dell’articolazione gleno-omerale. Gli esercizi suggeriti includono punch in contrazione per l’attivazione del dentato anteriore in posizione supina, rows in posizione prona, abduzione e estensione mantenendo il focus con l’obiettivo di attivare trapezio medio e inferiore, l’esercizio di lawnnower per la stabilizzazione della scapola e la rotazione esterna in decubito laterale con un sostegno sotto l’ascella. Il paziente avrà anche bisogno di iniziare la flessione attiva e l’elevazione sul piano scapolare (scaption). Questo può essere meglio eseguito iniziando in posizione supina o in decubito laterale con l’obiettivo di raggiungere un buon controllo motorio, e con la progressione verso la stazione eretta. La rotazione esterna dovrà essere limitata a 30° o guidata dal chirurgo in base alla tecnica chirurgica eseguita. Il recupero della mobilità passiva dovrebbe essere continuato fino al completo raggiungimento del range totale in tutti i piani articolari.

Alla 6a settimana, il paziente può continuare il recupero della mobilità attiva in tutte le direzioni con rotazione esterna fino a 45° o comunque in base alle indicazioni mediche.

Si può iniziare un’applicazione di leggera resistenza con le rotazioni interne ed esterne con un sostegno sotto il cavo ascellare per eliminare la protrazione della cuffia dei rotatori.

Il paziente può inoltre iniziare i push-up a parete per il rinforzo del dentato anteriore, come anche esercizi per la stabilizzazione dinamica con la body blade in posizione neutra e con entrambe le braccia posizionate a 90° di flessione o attraverso esercizi di stabilizzazione ritmiche manuali con il terapista da posizione supina con progressioni in velocità, intensità, e angolazione della flessione in base alla tollerabilità del paziente

A questo punto del recupero, è possibile iniziare il lavoro di propriocezione. Ad esempio, con attaccato al braccio un puntatore laser, al paziente viene chiesto di eseguire movimenti tra due posizioni tracciate al muro disegnando cerchi precedentemente scritti sulla parete cercando di rispettare la traiettoria etc.

Fase 3 Post-operatoria (settimane 8 - 12)
A questo punto, il range passivo dovrebbe essere totalmente recuperato, mentre nel range attivo vi è la sola limitazione di rotazione esterna a 60°. Se indicato, può essere eseguito uno stretching o una mobilizzazione più decisi, che può essere eseguito ponendo però attenzione all’integrità delle strutture anteriori. Si prosegue con progressioni di esercizi di resistenza, attività propriocettive per la cuffia dei rotatori ed esercizi per il rinforzo della muscolatura periscapolare con la body blade, incrementando la difficoltà con l’aumento dell’angolo di elevazione. In questa fase dovrebbero essere iniziati anche gli esercizi per il controllo scapolare in catena cinetica chiusa. Appena il paziente mostra miglioramenti in termini di forza e di controllo motorio, le attività a catena cinetica chiusa possono lasciare spazio a esercizi in posizioni quadrupedica. Potrebbe essere ancora presente una certa debolezza nel sottoscapolare, se è stato disinserito nell’intervento, quindi è necessaria un’ulteriore attenzione nel ristabilire la forza con esercizi dinamici di prensione. Gli esercizi dovrebbero essere direzionati maggiormente verso movimenti funzionali di forza come il pattern delle diagonali. Inoltre vi può essere progressione anche con gli esercizi di Body blade precedentemente citati, aumentando gli angoli di elevazione.

Fase 4 Post-operatoria (settimane 12+)
Il focus in questa fase della riabilitazione dovrebbe essere centrato sul ritorno del paziente ai doveri della propria attività lavorativa, all’hobby, e se possibile allo sport individuale. Andrà assegnato dunque un programma domiciliare da seguire per un ritorno graduale al completo recupero della forza muscolare e alle regolari attività quotidiane. Esercizi specifici per lo sport – o hobby – dovrebbero essere parte del suddetto programma di riabilitazione.

RIABILITAZIONE DOPO ARTROPROTESI INVERSA DI SPALLA
L’artroplastica inversa di spalla è più comunemente eseguita in una spalla dolorosa che presenta un significante danno pre-operatorio della cuffia dei rotatori.

Le linee guida post-chirurgiche per una protesi inversa sono simili a quelle per una protesi anatomica in termini di tempistica nell’inserire nel protocollo riabilitativo le mobilizzazioni passive, attive-assistite, mobilizzazione attive e, quando consentito, iniziare con esercizi di rinforzo muscolare. Linee guida ed esercizi precedenti possono essere eseguiti anche per l’artroplastica inversa eccetto che per le seguenti considerazioni: la lussazione è una preoccupazione reale dovuta alla forma e alla meccanica dell’impianto. In virtù di ciò è necessario evitare l’estensione e con questa la combinazione di adduzione e rotazione interna della spalla per le prime 12 settimane post-operatorie. Attività come quelle di infilarsi una maglietta o eseguire movimenti in bagno per l’igiene personale con l’arto operato, devono essere evitate. Inoltre, attenzione dev’essere posta nei movimenti di mobilità passiva e devono essere evitati gli esercizi di rows in posizione prona in cui l’estensione del braccio superi la posizione neutra rispetto al tronco. La spalla col suo nuovo impianto (fulcro), per elevare il braccio, farà affidamento sul muscolo deltoide (motore). Più spesso dopo questa procedura chirurgica sarà preferibile procedere attraverso esercizi che propongano una graduale inclinazione del tronco rispetto alla gravità negli esercizi di elevazione. Quando sarà possibile iniziare con il range attivo, l’elevazione della spalla inizierà in posizione supina, e quando in questa posizione l’esercizio sarà eseguito con facilità, l’inclinazione del piano di lavoro e del tronco può essere aumentata di 20–30° facendo eseguire al paziente esercizi attivi-assistiti a questo livello, finchè l’elevazione del braccio non potrà avvenire attivamente. Nuovamente, quando anche in questa posizione l’esercizio verrà svolto con sufficiente facilità, si potrà aumentare ulteriormente l’inclinazione e così via, finchè il paziente arriverà in stazione eretta. A causa del danno alla cuffia dei rotatori, il paziente avrà probabilmente una diminuzione o assenza di forza dei rotatori esterni, quindi alcuni degli esercizi indicati nel protocollo precedente potrebbero essere inappropriati. Il transfer del gran dorsale e/o il grande rotondo può essere previsto, in alcuni casi, per aiutare il recupero della forza della rotazione esterna. Se questo è il caso ci sarà bisogno di prendere speciali precauzioni per proteggere la muscolatura trasferita nelle fasi di guarigione.

 

COMPLICANZE
L’intervento di artroplastica di spalla è uno degli interventi di protesi con maggiore incremento di casistiche in termini di frequenza e le prospettive di crescita futura appaiono certe dato che la popolazione anziana si espanderà rapidamente nelle prossime decadi.

Come nelle altre procedure protesiche, la protesi totale di spalla può incorrere in un certo numero di complicanze. La letteratura riporta una discreta variazione di tale tasso di complicanze (0-55%), con un una significativa percentuale di riscontro del 10- 15%. Per la protesi totale di spalla, nonostante il

numero di casi riportati di complicanze sia diminuito notevolmente nei decenni recenti, l’evenienza più comune include la lussazione della glenoide (11.5%), patologie secondarie della cuffia dei rotatori (4.6%), instabilità gleno-omerale (3.1%), rigidità (1.6%), complicanze neurologiche (1.6%), lussazione di omero (1.5%), fratture intra-operatorie (1.4%), infezioni (1.2%), fratture di omero post-chirurgiche (0.9%).

In termini di tipologia, le complicanze che interessano una protesi inversa di spalla sono simili a quelle della protesi anatomica e includono inoltre lesioni neurologiche, fratture peri-prostetiche, ematoma, infezioni, loosening dell’impianto e lussazioni. Specifiche della protesi inversa sono però le complicanze di “scapular notching” e fratture dell’acromion.