Lesione della cuffia dei rotatori

Chirurgia nella lesione della cuffia

In Articoli Scientifici, Trattamenti by Spalla.it

Trattamento chirurgico della lesione della cuffia dei rotatori

RIPARAZIONE

La lesione della cuffia dei rotatori si valuta correttamente con la risonanza magnetica. Tendenzialmente, ma non sempre il trattamento può essere anche conservativo (riposo, tutore, farmaci, trattamento riabilitativo, trattamento fisioterapico specifico). L'indicazione chirurgica per via artroscopica delle lesioni della cuffia dei rotatori si pone quando il trattamento riabilitativo, seppur corretto, ha dato scarsi risultati clinici soggettivi o nel caso di lesioni molto estese e dolenti.

Per le persone che praticano attività sportiva a qualunque livello e in particolare negli sport in cui sono coinvolti gli arti superiori l’indicazione è “caso-specifico”. Avrà un ruolo fondamentale l’età, la tipologia di sport, le ambizioni del paziente e ovviamente il quadro clinico.

L'intervento chirurgico in artroscopia ha, oltre il fine diagnostico, anche quello di effettuare una borsectomia sub-acromiale e una acromionplastica, di verificare l'estensione dell'eventuale lesione della cuffia dei rotatori e la qualità del tessuto da riparare e la tensione con cui questo può essere reinserito sulla testa omerale; spesso anche il capo lungo del bicipite brachiale viene trattato durante lo stesso gesto chirurgico (tenotomia o tenodesi).

Grazie a tecniche chirurgiche più avanzate è oggi possibile ridurre al minimo il dolore e i tempi di recupero. La riparazione artroscopica della cuffia dei rotatori è una chirurgia minimamente invasiva eseguita attraverso piccole incisioni, di circa 1cm ciascuna, con un artroscopio e con delle sonde che permettono di riparare la lesione utilizzando delle viti (denominate ancore) e dei fili per la sutura. Queste suture accostano i tendini al tessuto osseo dell’omero consentendone la guarigione (è importante sottolineare che la letteratura internazionale accreditata riporta un dato non incoraggiante,un numero tra il 30% e il 70% cuffie operate sottoposte a un nuovo controllo di risonanza magnetica non sono guarite da un punto di vista di imaging nonostante il buon risultato clinico, a nostro avviso anche a scopo informativo e cautelativo questo è un messaggio importante per i nostri pazienti). Dopo l'intervento chirurgico di regola si deve eseguire un trattamento riabilitativo specifico.

I vantaggi dell'artroscopia rispetto alla chirurgia della spalla aperta comprendono:

  • Incisioni più piccole
  • Minimo trauma dei tessuti molli
  • Meno dolore
  • Tempo di guarigione più veloce
  • Minore tasso di infezione

TRATTAMENTO RIABILITATIVO DOPO RIPARAZIONE ARTROSCOPICA DI CUFFIA
L’obbiettivo della riabilitazione a seguito di intervento di riparazione della cuffia dei rotatori è il recupero della funzionalità della spalla. Ciò richiede lo sviluppo di input integrati da parte del chirurgo e del terapista della riabilitazione (fisioterapista, terapista occupazionale, e/o preparatore atletico). Il recupero si basa sul ripristino dell’anatomia, necessitando anche di un recupero fisiologico. Ciò richiede rispetto dei principi base della guarigione dei tessuti, forza muscolare e progressione attraverso i livelli riabilitativi, e pretende attenzione ai diversi aspetti del recupero funzionale. Questo capitolo discuterà il ruolo del chirurgo e i principi base del protocollo riabilitativo, e presenterà linee guida e progressioni per il fisioterapista e per gli altri terapisti della riabilitazione attraverso i protocolli.

Solitamente il chirurgo ortopedico non prescrive esercizi specifici, non supervisiona le sessioni riabilitative, non fornisce le modalità, e non vede il paziente settimanalmente durante il processo riabilitativo a seguito di un intervento di riparazione della cuffia dei rotatori. Tuttavia, l’ortopedico svolge diversi ruoli chiave che hanno grande effetto sui risultati del processo riabilitativo. Questi riguardano:

  • Ottimizzare il tessuto anatomico come base dell’integrità di guarigione completa
  • Conoscere le fasi della sequenza riabilitativa
  • Controllare il carico durante il periodo chiave delle 6-8 settimane (quando la riparazione ha più probabilità di essere danneggiata)
  • Comunicare in modo efficace con i terapisti della riabilitazione

Molti fattori che non sono sotto il diretto controllo del chirurgo influenzano la capacità di guarigione della riparazione della cuffia dei rotatori. Tuttavia, l’equipe medica controlla aspetti tecnici in relazione a come il tessuto della cuffia dei rotatori venga mobilizzata, allineato rispetto all’omero, su cui è stato riparato il tendine e attaccato all’osso.

L’obbiettivo della chirurgia è quello di creare una riparazione che venga adeguatamente mobilizzata, posizionata in un allineamento anatomico, e fermamente inserita sul footprint con una tensione minima o forze di taglio.

La riparazione chirurgica ha più chance di guarigione e può essere riabilitata in maniera relativamente precoce con l’utilizzo di un protocollo standardizzato.

La maggior parte delle lesioni complete sintomatiche della cuffia dei rotatori sono considerate essere lesioni a forma di “U”. La “U” è più comunemente una lesione a “L” che ha subìto una certa retrazione sottoposta a tensione. L’apice della “L” può essere sia anteriore che posteriore. Il chirurgo deve afferrare e saggiare entrambi I bordi della “U” per scoprire quale è il segmento più mobile e determinare l’esatto apice della “L”.

L’apice può essere ridotto al footprint per iniziare la riparazione con una tensione minima. Frequentemente i tessuti ai margini mediale e posteriore della “U” possono essere suscettibile a una deformità plastica durante la graduale progressione della lesione, e queste zone possono essere incise e pulite per ottenere una qualità migliore del tessuto per l’intervento di riparazione e per permettere una più completa mobilizzazione e riduzione, creando così una minor tensione sull’intera riparazione chirurgica.

Il “Dog Ears”, l’eccesso di tessuto localizzato sui margini della riparazione, rappresenta un’incompleta riduzione della lesione stessa, espressione di tessuto in eccesso su un solo lato della riparazione, creando una tensione non-uniforme dei tessuti. Se l’obbiettivo del gesto chirurgico è riprodurre l’anatomia della cuffia dei rotatori, le “dog ears” dimostrano che tale obbiettivo non è stato raggiunto.

Una volta riconosciuta la tipologia della lesione e mobilizzata, questa per essere ridotta, utilizzando molteplici tecniche per il reinserimento sul footprint. Riparazione a fila singola, diverse varianti di riparazione a fila doppia, e riparazioni con convergenza dei margini sono tutte tecniche che hanno dimostrato avere un’adeguata fissazione e tassi di guarigione soddisfacenti.

Più complessi pattern di lesioni della cuffia dei rotatori includono lesioni a più tendini (multi-tendon), lesioni massive, lesioni croniche con tessuti di scarsa qualità, e lesioni associate ad atrofia muscolare. L’obbiettivo e le tecniche del gesto chirurgico necessitano di modifiche per risolvere ognuna di queste specifiche evenienze, e l’anatomia ottenuta dalla riparazione chirurgica, se pur ottima, potrebbe non essere ideale. In questi casi, la riabilitazione necessiterà di essere modificata a seconda dell’individuo. In sintesi, la riparazione chirurgica che crea un’anatomia ottimale, vicina ad una “normalità” per quanto riguarda allineamento e tensione, permette al processo riabilitativo di procedere ad un ritmo fisiologico sotto normali limitazioni fisiologiche.

FASI DELLA GUARIGIONE E DELLA PROGRESSIONE RIABILITATIVA
Esistono diversi metodi per organizzare le fasi della riabilitazione. Il seguente protocollo utilizza 3 fasi basandosi sulla guarigione della riparazione tissutale, sulla preparazione di base di ritorno dei tessuti alla funzionalità, e sul ritorno alla funzionalità per un’attività specifica o per lo sport. Tale protocollo è costituito da obbiettivi specifici, attività in progressione e criteri di avanzamento alla fase successiva. Il chirurgo contribuisce alle decisioni in merito alla velocità di avanzamento attraverso gli stadi riabilitativi, e indica quando sia appropriato passare alla fase successiva.

  1. La FASE ACUTA include la riparazione chirurgica e il primo periodo post-operativo, solitamente 6-8 settimane. L’obbiettivo di questo stadio è proteggere la riparazione sufficientemente da creare stabilità, garantire la guarigione dei tessuti, raggiungere un ripristino ottimale dell’articolazione, e include anche un primo inizio di recupero di funzionalità della catena cinetica prossimale.
  2. La FASE DI RECUPERO include un periodo di tempo relativamente lungo che inizia intorno alle 6-8 settimane post-operatorie, durante le quali la riparazione tissutale è del tutto completata. La catena cinetica viene ristabilita così come le rigidità dei tessuti molli perilesionali, la forza muscolare e l’equilibrio. Accedere a questa fase implica avere dei tessuti in grado di essere sottoposti a forze di trazione o di compressione. Da questo momento in poi, vengono inoltre affrontati il recupero delle forze di coppia, il ripristino del range articolare totale, e la stabilità scapolare.
  3. La FASE FUNZIONALE è focalizzata a ristabilire qualunque altro deficit biomeccanico o disequilibrio di forze e include esercizi che mirano a raggiungere un’ottima funzionalità nelle attività desiderate. Questi ultimi dovrebbero simulare il movimento, l’impegno muscolare, i carichi e la durata dell’attività specifica. La fase funzionale permetterà il ritorno all’attività o al gioco (sport), e dovrebbe anche includere il mantenimento di un programma di condizionamento della spalla dopo il ritorno all’attività.

CONTROLLO DEL CARICO
Il processo di guarigione dei tessuti, successivo all’intervento, può essere influenzato dalla quantità di peso meccanico a cui viene sottoposta la riparazione. Ciò è riscontrabile specialmente delle prime 6-8 settimane, quando è predominante il processo infiammatorio e di guarigione dei tessuti tendinei interessati. Un carico eccessivo può alterare le proprietà del tessuto, diminuire il volume del tessuto in via di guarigione, e alterare l’espressione dei fattori di crescita. Il chirurgo ortopedico può orientare il carico di trazione e di compressione della riparazione tendinea attraverso la supervisione del timing degli esercizi e delle progressioni, limitando il movimento al range permesso, la tipologia degli esercizi e regolando il posizionamento di scapola e omero.

Un carico di trazione eccessivo è un noto fattore di rischio di una mancata guarigione del tendine e può produrre sia una completa recidiva di lesione del tessuto in fase di guarigione, sia un allungamento del tessuto cicatriziale, risultando, in entrambi i casi, in una riparazione inadeguata. Il carico di trazione eccessivo può verificarsi ricevendo un peso (improvviso) su una mano tesa, applicando il peso della gravità a leva lunga, o nel caso in cui il range di movimento sia maggiore della flessibilità della riparazione tissutale, o anche in una ripetuta attivazione dei muscoli in seguito ad affaticamento muscolare, e in un’eccessiva attivazione eccentrica. In virtù di ciò, l’equipe chirurgica dovrebbe essere cauti nel prescrivere le seguenti attività delle prime 4-6 settimane:

1) Mobilizzazione attiva o passiva maggiore di 90° su ogni piano

2) Pendolo di Codman senza supporto (la mano dovrebbe essere supportata da una palla o altro oggetto)

3) Esercizi attivi o passivi che includo il braccio a leva lunga (esercizi svolti con il gomito steso)

4) Far lavorare il muscolo fino ad indurre la fatica muscolare

5) Esercizi a catena cinetica aperta con pesi a leva lunga.

Anche il carico da compressione è deleterio per la guarigione del tendine. Alcuni studi scientifici fatti su animali hanno dimostrato che la qualità del tessuto, il volume del tessuto, e la meccanica del tessuto sono diminuite con conseguente diminuzione dei tassi di guarigione nelle riparazioni soggette a compressione eccessiva durante le prime fasi di guarigione.

Una compressione eccessiva avviene da un tilt anteriore dinamico dell’acromion, che si verifica durante la protrazione scapolare. Questo accade maggiormente nella presenza di una discinesia scapolare (scapolo-toracica), che può verificarsi in relazione a molteplici cause, inclusi l’uso eccessivo del tutore, un’eccessiva tensione dei muscoli grande e/o piccolo pettorale, trapezio superiore e latissimo del dorso, una debolezza dei muscoli dentato anteriore o trapezio inferiore, e una debolezza dei muscoli del core.

L’equipe chirurgica dovrà valutare il paziente in merito alla presenza o meno di una discinesia scapolare attraverso l’osservazione clinica del bordo mediale della scapola e l’esaminazione dei muscoli peri-scapolari individuando possibili rigidità/tensioni o debolezze. In fase pre- e post-chirurgica, devono essere inseriti esercizi per la correzione della discinesia e per il posizionamento della scapola in retrazione stabile e dell’acromion in tilt posteriore.

Bisogna altresì fare attenzione in questa fase a tenere un range passivo di movimento al di sotto dei 90° di elevazione o abduzione poiché maggiori angoli di movimento del braccio sono associati ad una diminuzione di rotazione dell’acromion verso l’alto, portando a una maggiore compressione.

COMUNICAZIONE TRA CHIRURGO E TERAPISTA DELLA RIABILITAZIONE
La base per una riabilitazione funzionale dopo un intervento di cuffia dei rotatori è una comunicazione efficace tra chirurgo e terapisti della riabilitazione.

È bene stabilire un accordo generale per quanto riguarda le aspettative del processo di riabilitazione, i pattern degli esercizi, le modalità di mobilizzazione e posizionamento del paziente, e gli esercizi da proporre in ciascuna delle fasi del processo riabilitativo. Un foglio informativo su questi temi deve essere distribuito a ciascun paziente e medico curante. Vi sono diversi metodi attraverso i quali si può comunicare in merito all’avanzamento riabilitativo, inclusa la comunicazione telefonica, sms, documentazioni presenti sul sito web o scambi interpersonali con gli interessati, ma il modo più comune è la prescrizione degli esercizi consegnata a mano o in copia elettronica. Questa prescrizione dovrebbe solitamente includere ove opportuno:

1) le informazioni relative alla anatomia della riparazione (numero di tendini, qualità dei tessuti, la sicurezza della riparazione, etc.)

2) Range di movimento permesso (dai 60° di flessione, fino ai 90°, al di sotto dei 30° di rotazione esterna)

3) Tipologie di esercizi (catena cinetica chiusa, la palla di Codman o un altro strumento di supporto, depressione della testa dell’omero)

4) Meccanica degli esercizi (a leva corta, pliometrici, bassa velocità orizzontali/diagonali)

5) Esercizi associati per le altre parti del corpo (core stability/rinforzo muscolare, retrazione scapolare)

6) Eventuali limiti specifici o progressioni compresi esercizi di avanzamento per le successive fasi della riabilitazione

RIABILITAZIONE IN SEGUITO A RIPARAZIONE ARTROSCOPICA DI CUFFIA

Il fisioterapista e gli altri terapisti della riabilitazione sono responsabili di organizzare e proporre gli esercizi nelle modalità concordate per raggiungere gli obbiettivi della prescrizione, fornendo feedback sui progressi o gli eventuali limiti del paziente, per valutare se progredire alla fase successiva, controllando il miglioramento funzionale per permettere il ritorno all’attività o allo sport. L’obbiettivo della riabilitazione a seguito della riparazione della cuffia dei rotatori, è rappresentato dal recupero della forza di coppia deltoide/cuffia dei rotatori, indispensabile per centrare dinamicamente la testa dell’omero nella glenoide durante tutto il range di movimento dell’arto. Il seguente protocollo contiene gli obbiettivi, le linee guida, e i suggerimenti riguardo gli esercizi che possono essere utilizzati.

FASE ACUTA: La fase acuta necessita la tutela dei tessuti mantenendo attive le funzioni generali del corpo.  In questa delicata fase di estrema vulnerabilità, la mobilizzazione passiva dell’arto devo essere monitorata e mantenuta sotto i 90°, deve essere enfatizzata la retrazione scapolare ed evitati carichi compressivi eccessivi. Esercizi a catena cinetica chiusa, sostenendo la mano e enfatizzando co-contrazioni prossimali, sono efficaci per diminuire carichi di trazione. L’immobilizzazione può essere utile nelle prime 4-6 settimane, sebbene alcuni studi dimostrino che un breve periodo di immobilizzazione (2-3 settimane) e mobilizzazione passiva controllata (al di sotto dei 90°) siano più efficaci nel recupero del movimento, rispetto ad una fase di immobilizzazione di lunga durata, con nessuna differenza nei tassi di guarigione

FASE DI RECUPERO: La fase di recupero è caratterizzata dal ripristino del completo range di movimento, dalla capacità di resistenza della cuffia dei rotatori, e dall’ integrazione di questa con la capacità funzionale della catena cinetica.

Il range di movimento può superare i 90°, e può essere introdotto l’utilizzo di una mobilizzazione attiva assistita. Gli esercizi di integrazione del controllo scapolare e rinforzo della cuffia ristabilisce una base scapolare stabile per l’attivazione massima della cuffia dei rotatori. La facilitazione propriocettiva neuromuscolare e gli esercizi a catena cinetica chiusa sono efficaci fin dalle prime fasi della riabilitazione, ma con l’aumento della forza possono essere inseriti anche esercizi a catena cinetica aperta.

Image